Le origini dell’Aritmetica moderna in Fibonacci.
Quali indicazioni didattiche?
Franco Ghione
Tutti quelli (per quanto ho visto) che fin hora hanno dato regola al
summar, sottrar & partir de rotti, la hanno data di sorte, che l’huomo
presto la intende, & presto se la scorda, il che non procede da altro
salvo che per ignorar la causa di tal sua regola, over di tal suo
operare, volendo adunque rimediare a questo inconveniente, bisogna
intendere il modo di ridurre duoi, over piu rotti de diverse
denominationi, a una medesima denominatione, il qual atto è al
contrario del schisare.
Tartaglia, General trattato. Prima Parte, Libro VII, c. 110v .
L’insegnamento del calcolo frazionario, che viene principalmente trattato nelle scuole secondarie di
primo grado, presenta non poche difficoltà sia cognitive che didattiche legate ad una ancora acerba
capacità di astrazione negli alunni di quelle scuole e a una difficoltà intrinseca di un argomento che
resta spesso oscuro perfino negli studenti che si affacciano all’Università nelle facoltà scientifiche.
Secondo Emma Castelnuovo
1
una delle difficoltà consiste nel fatto che già nella scrittura m/n vi
sono tre cose da percepire contemporaneamente: l’intero, la parte 1/n e la somma di m di quelle
parti, concetti che, anche se presi singolarmente, sono tutt’altro che naturali. Una seconda difficoltà
è legata alla relatività di una frazione che finisce per essere trattata riducendo il concetto di frazione
a quello di operatore: tre quarti di un segmento, tre quarti di un quadrato, tre quarti di un cesto di 12
uova, ma cosa è 3/4 da solo, senza il segmento, il quadrato o il cesto? Lo stesso Euclide dice che
una grandezza A è una frazione di B se A è formata da m parti ognuna uguale alla n-esima parte
(aliquota) di B. La cosa è trattabile specificando con esempi concreti cosa sia B (un segmento, un
quadrato, un cesto di uova) e come si possano costruire, ad esempio, i tre quarti di B. La cosa
diventa problematica già nel caso delle aree, esistendo infiniti modi per dividere un’area B in
quattro parti uguali e prenderne tre.
B
3
4
B
3
4
B
3
4
B
I diversi A che si ottengono hanno generalmente forme diverse ma tutte sono i tre quarti di B. In
realtà ciò che si vuole esprimere non è la forma ottenuta ma la sua misura, quello che otteniamo è
tre quarti della misura di B ed questo che esprime la frazione: non una forma ma un numero. E’
dunque il concetto astratto di numero da cui non si può prescindere; l’uno matematico come diceva
Tartaglia, astratto, incorporeo, e non l’uno naturale come un quadrato, un centinaio, un cerchio, un
cesto di uova. Ed è qui che già appare la prima difficoltà evidenziata dalla Castelnuovo: è
impossibile concepire le frazioni senza una solida dimestichezza con il concetto astratto di numero
intero, di uno. Le difficoltà aumentano quando si cerca di introdurre le operazioni aritmetiche con le
frazioni che, per superare le naturali ostruzioni cognitive, vengono presentate come regole da
imparare a memoria (di sorte dice Tartaglia) e da saper usare meccanicamente attraverso una lunga
1
Emma Castelnuovo, L’insegnamento delle frazioni, da La scuola secondaria e i suoi problemi (1952)
e noiosa serie di esercizi che dovrebbero alla fine sviluppare una sicura competenza nel calcolo.
Questa pratica per sua natura coercitiva, come avviene nello studio di uno strumento musicale, può
produrre dei buoni risultati in quegli allievi dotati di caratteristiche sempre più rare nei nostri
studenti: pazienza, volontà, autodisciplina, amore per lo studio, ambiente familiare favorevole.
L’esercizio ripetitivo può produrre alla fine quel “pensiero morto” come diceva F. Enriques
2
, che
procede in automatico senza più bisogno di “pensiero vivo” che può quindi sovrapporsi a quello a
un livello più alto. Nella maggioranza dei casi però, a prevalere, è invece un sempre più diffuso e
progressivo analfabetismo scientifico che possiamo ben documentare negli esiti fallimentari delle
prove di autovalutazione degli studenti che si iscrivono ai corsi di laurea scientifici. Ciò che uno
impara a memoria senza un lungo e faticoso esercizio presto se la scorda e gli esiti didattici del
lavoro dell’insegnante appaiono alla fine sconfortanti.
Una ulteriore difficoltà, riferibile al calcolo con le frazioni, è quella di giustificarne l’utilità: a cosa
serve quella complicata teoria quando la divisione tra due interi si può calcolare con un numero
arbitrario di cifre dopo la virgola ottenendo un valore approssimato quanto si vuole a quello esatto
ma astratto, espresso dalla frazione? L’uso delle calcolatrici e dei computer spinge sempre più a
ritenere il calcolo esatto un inutile strumento del passato e il sospetto è che esso possa, prima essere
insegnato male per poi, alla fine, sparire dalla nostra cultura di base tornando a livelli pre-
scientifici. E’ soprattutto questo progressivo imbarbarimento che vediamo all’orizzonte che
vorremmo contrastare. Perché le frazioni non sono sempre esistite, gli antichi Babilonesi ad
esempio riuscivano a calcolare il risultato di una divisione in modo molto preciso usando il calcolo
sessagesimale. Ad esempio 2 settimi equivale a 17 primi (un sessantesimo dell’unità), 8 secondi (un
sessantesimo di un primo), 34 terzi (un sessantesimo di un secondo) e la scrittura
2
7
=17'!8''!34 '''
produce un valore che è più piccolo del valore esatto della frazione di solo 1/756000. Le somme tra
frazioni si potevano eseguire sommando numeri interi: i primi con i primi, i secondi con i secondi, i
terzi con i terzi ecc facendo attenzione ai riporti. Gli antichi romani usavano solo frazioni con
denominatore 12 e potenze o frazioni di 12 per lo più riferite a sottomultipli di unità di misura. Per
loro i settimi non esistevano perché nessuna unità di misura era suddivisa in 7 parti e dunque il loro
uso era nella pratica inutile. Il rischio, che non ci sembra fuori luogo, è quello di riportare, nella
nostra cultura condivisa, l’aritmetica al livello di quella dei Babilonesi o, peggio ancora, degli
antichi romani!
Le frazioni e il relativo calcolo nascono
tra gli scienziati arabi del medioevo e vengono importate
nel mondo cristiano col Liber abaci di Fibonacci nel 1202. A partire da allora e con quella nuova
aritmetica, l’economia, l’arte, la cultura ebbe uno sviluppo senza precedenti che portò a quell’epoca
magica che abbiamo chiamato Rinascimento. Il Liber abaci è un’opera monumentale in latino che
introduce in Europa la scrittura posizionale dei numeri usando le nove “figure” indiane, nuovi
algoritmi di calcolo, vari tipi frazioni con le loro regole di calcolo, moltissimi problemi legati al
commercio in tutti i suoi aspetti, dal baratto, alle società commerciali, alla natura delle monete e
anche tantissime questioni “erratiche” generalmente riconducibili a equazioni di primo grado,
storielle spesso divertenti, altre volte surreali. L’ultima parte è dedicata all’algebra seguendo la
lezione araba di al-Khwarizmi e Abu Kamil. L’opera fu editata da Baldassarre Boncompagni
3
nel
1857 trascrivendo a stampa il manoscritto Conv.Soppr. C.1.2616 custodito a Firenze presso la
Biblioteca Nazionale Centrale. La traduzione completa del testo di Boncompagni in italiano è in
corso di realizzazione e viene via via pubblicata sul sito https://www.progettofibonacci.it/
all’interno di un progetto generale che ha l’obiettivo di portare nella scuola pubblica italiana alcune
delle idee oggi fondative espresse in quel testo, allora ai primi passi, in un’ottica di collaborazione
2
Federigo Enriques, L’insegnamento dinamico,
3
B. Boncompagni, Liber abaci,
tra insegnanti di latino, matematica, informatica, storia e storia dell’arte. Il progetto ideato un anno
fa insieme a Laura Catastini, che lavora alla traduzione del Liber, è già presente in alcune realtà
scolastiche attraverso una pratica, in parte riportata nel sito, che nell’approccio storico suscita
grande interesse tra gli allievi.
La sfida, che vogliamo lanciare con questo lavoro, consiste in una nova proposta didattica fondata
sull’antico insegnamento di Fibonacci, che ha come obiettivo quello di non trascurare il perché
delle regole, ma al contrario, sviluppare il pensiero dimostrativo anche in aritmetica riscoprendo
tutta la bellezza e l’eleganza che il calcolo con le frazioni possiede.
La teoria euclidea dei rapporti: logos, analogos, alogos.
Prima di poter parlare di come le frazioni e la nuova aritmetica che esse generano entrino a far parte
della cultura occidentale, occorre vedere, se pure a grandi linee, la teoria euclidea dei rapporti alla
quale le nuove idee si ancorano e ne forniscono un fondamento teorico.
Il termine logos utilizzato da Euclide per indicare un rapporto in senso matematico è lo stesso usato
in filosofia per denotare una forma di ragionamento razionale. Se A e B sono due grandezze il
rapporto A : B sembra essere visto come un movimento di pensiero, una qualche costruzione
rigorosa, quantitativa che lega A a B, che permette di dedurre B da A o, viceversa, A da B, come
una qualunque altra forma di ragionamento. Il rapporto 3:2 non è il numero 1,5, ma l'abbreviazione
della seguente argomentazione: se tra A e B esiste tale rapporto, allora A è rispetto a B come 3 è
rispetto a 2, cioè B è 2 volte la terza parte di A o A è tre volte la metà di B. In generale
l’espressione
A : B = n : m
significa che A è formato sommando n volte la m-esima parte di B esattamente come il numero n
che è formato sommando n volte la m-esima parte di m che vale 1. In questo caso Euclide dice che
B è una frazione di A.
Il termine analogos (stesso rapporto) utilizzato da Euclide per indicare l’uguaglianza tra due
rapporti assume il significato più generale di analogia e produce un metodo potentissimo per
trasferire sul terreno solido dei numeri, situazioni apparentemente lontane. Non è solo nella
matematica che l’analogia prende forma, essa si estende, come modo di pensiero, alle diverse forme
del giudizio, da quello morale a quello estetico. Troviamo ad esempio negli scritti di Eraclito:
Di fronte al nume è infante l’uomo, come di fronte all’uomo il fanciullo.
Anche in tempi recenti, nei test che misurano il quoziente d’intelligenza troviamo spesso proposti
dei rapporti che dovrebbero permettere ad un pensiero colto di determinare il termine assente, il
“quarto proporzionale”. Troviamo ad esempio il seguente quesito:
Il quadro sta al pittore come un vestito sta ...
L’esercizio consiste nel cercare un concetto abbia rispetto al vestito lo stesso rapporto che ha il
pittore col quadro. E’ sensato pensare che questo consista nel fatto che l’uno è l’artefice dell’altro e,
in questo senso il sarto risolve il problema dal momento che è anch’egli l’artefice del vestito.
In quest’altro quesito di natura visiva
si chiede di trovare il modo con il quale la seconda figura a sinistra è ricavata dalla prima. Essa è
ottenuta dalla prima attraverso un processo che scambia il bianco con il nero. La soluzione sarà
allora un quadrato uguale a quello rappresentato nella terza figura dove la parte bianca è colorata di
nero e la nera di bianco. Anche nel medioevo vi era un test di intelligenza molto diffuso: se 2 fosse
3 cosa sarebbe 10? L’analogia proposta 2 : 10 = 3 : ? il rapporto 2 :10 è analogo al rapporto 3 : ?
nel senso che se 2 fosse come 3 cosa sarebbe 10 ? essendo 10 cinque volte 2, se 2 fosse 3, 10
sarebbe 5 volte 3 cioè 15. L’esercizio mentale porta il pensiero a scoprire il rapporto che è la chiave
dell’analogia. Se 6 fosse 8 cosa sarebbe 3 ?
La teoria dei rapporti da un punto di vista didattico è stata sviluppata nel testo di Laura
Catastini, contenuto nel volume Quale scuola ?
4
dove tale idea è al centro di un laboratorio di
Musica e Matematica.
Come si vede, si tratta di un concetto, quello di rapporto, molto profondo che può essere
pienamente concepito solo mettendosi alla prova in diverse situazioni eseguendo molti esercizi che
assicurino all’allievo una sicura expertise che va sviluppata prima di introdurre astrattamente le
frazioni. Vi sono, in ambito geometrico, due importanti problemi che lo studente dovrebbe essere in
grado dominare con sicurezza. Il primo chiede di costruire un segmento B, incognito, conoscendo
un segmento A e sapendo il rapporto tra i due segmenti. Ad esempio,
A : B = 3 : 4
Nel caso specifico
A è il segmento dato dividiamo A in 3 parti uguali B è formato da 4 di quelle parti
Esercizi di questo tipo sono molto formativi ed anzi sono necessari per capire come si costruisce
uno strumento musicale (vedi il testo Quale scuola già citato).
Il secondo problema parte da due assegnate grandezze omogenee si chiede di trovare il loro
rapporto. Il problema appare difficile, se non impossibile da risolvere se non fosse noto un metodo
(quasi infallibile) inventato da Euclide noto come il metodo delle divisioni successive. Vediamo su
un esempio come si possa trovare il rapporto tra due dati segmenti. Siano AB e CD i due segmenti
noti
Prima di tutto si cerca quante volte CD (il segmento più piccolo) entra in AB. In generale CD non
entrerà in AB un numero esatto di volte (col linguaggio di Euclide CD non sarà parte di AB) ma vi
sarà un resto HB più piccolo di CD. A questo punto si vede quante volte HB entra in CD e si
prosegue in questo modo trovando via via resti sempre più piccoli. Se il processo si ferma, cioè se il
resto a un certo punto del processo si annulla allora tra i due segmenti esiste un rapporto.
Nell’esempio preso in esame, il resto HB entra esattamente 3 volte in CD
AB : CD = 4 : 3
Poiché i resti ad ogni passaggio diventano sempre più piccoli è lecito pensare, e così pensavano i
pitagorici, che a un certo punto i resti non potessero diventare più piccoli di una monade, di un
atomo e dovessero quindi annullarsi. Ciò è drammaticamente falso poiché è possibile dimostrare
che vi sono casi nei quali tale processo non ha termine e, in tali casi, Euclide chiama i due segmenti
4
L. Catastini, Tra parole, matematica e musica , da Quale scuola ?, Carocci editore, 2015
incommensurabili. (Euclide
5
, Elementi, libro X, def. I). Non è difficile dimostrare che il lato di un
pentagono regolare e la sua diagonale sono incommensurabili: l’irrazionale, cioè l’assenza di un
rapporto (alogos = senza rapporto), fece per la prima volta capolino nel pensiero scientifico. Ma
questa è un’altra storia.
La rivoluzione di Fibonacci: i numeri rotti
Nel Liber abaci (1202) Leonardo Pisano, detto Fibonacci, ripropone compiutamente in latino, e per
la prima volta in occidente, l’aritmetica moderna elaborata tre secoli prima dagli arabi. Si tratta di
una straordinaria rivoluzione che renderà possibile, in Italia e poi in tutto il mondo latino, commerci
su grande scala, da oriente a occidente, alla base di una rinascita economica e culturale senza
precedenti. La prima traduzione integrale del Liber è, come abbiamo detto, in corso di
realizzazione all’interno di un progetto più ampio che si articola nel sito
www.progettofibonacci.it,
aperto alle scuole e a una possibile e auspicabile integrazione della lingua latina con la matematica.
Incipit Liber abaci compositus a Leonardo filio Bonacii Pisano In anno M
o
CC
o
II
o
dal manoscritto del Liber abaci CS C1. 2616, BNCF
Cambia prima di tutto il modo di scrivere i numeri interi, che prima erano legati al sistema
numerico romano, mentre ora vengono introdotte “le 9 figure indiane” per indicare le cifre, lo zero,
e il sistema posizionale decimale.
Le 9 figure indiane dal manoscritto del Liber abaci CS C1. 2616, BNCF
La scrittura posizionale permette di elaborare nuovi algoritmi di calcolo basati su
procedimenti ricorsivi che è possibile realizzare per iscritto sulla carta che rendono trasparenti e
universalmente condivisi e verificabili i risultati ottenuti. In secondo luogo vengono introdotti
nuovi oggetti - i numeri rotti - ampliando drasticamente non solo le potenzialità e la precisione dei
calcoli, ma anche il significato ontologico del concetto di numero ora sganciato da quello di
rapporto ma profondamente legato agli algoritmi aritmetici che vengono estesi dal vecchio insieme,
quello dei numeri interi, a quello nuovo, mantenendo invariate le proprietà formali delle operazioni
(associativa, commutativa, distributiva).
Dopo aver trattato le operazioni con gli interi e i nuovi algoritmi di calcolo per lo più uguali
agli attuali, Fibonacci, all’inizio del libro V del Liber, introduce una nuova notazione per indicare le
frazioni, un nuovo modo di scrivere, tanto efficace da non essere modificato in nulla nei secoli ed
5
Euclide, Elementi
essere ancora oggi presente in ogni cultura scientifica del pianeta. Ecco come si parla di frazione, in
senso moderno, probabilmente per la prima volta, nel mondo latino:
Quando'su'un'qualsiasi'numero'sia'stata'tracciata'una'qualche'lineetta,'e'sopra'la'stessa'lineetta'sia'stato'scritto'
un'qualunque'altro''numero,'il'numero'superiore'indica'la'parte'o'le'parti'del'numero'inferiore;'infatti!il#numero#
inferiore' è'chiamato'
denominato'(denominatus)"e"quello"superiore"è"chiamato"denominante"(denominans)
'
Così%
se#sopra#al#numero#2#sia#stata#tracciata#una#linea,#e#sopra#di#essa#sia#scritta#l’unità,#questa#unità#attesta#una#parte#
delle$due$parti$dell’uno$intero,$cioè$la$metà$così:$
!
!
'';'e'se'l’unità'fosse'stata'posta'sopra'al'numero'3'così:'
!
!
,''denota'
la'terza'[parte];'e'se'sopra'al'numero'7'così:'
!
!
'''la##settima;#e#se#sopra#al#10,#la#decima,#e#se#sopra#al#19,#intende#
una$diciannovesima$parte$dell'uno$intero,$e$così$di$seguito.$'Ancora'se'2'è'stato'messo'sopra'il'3'così''
!
!
','intende'
due'parti'delle'tre'parti'dell’uno'intero,'cioè'due'terzi.'(V.1.2)'
'
Come si vede l’accento è messo subito sul modo di scrivere questi nuovi numeri e sul loro
significato. Il denominatore è il numero denominato, quello cioè che fissa il numero di parti uguali
nelle quali è stata divisa l’unità, e il numeratore è quello denominante, cioè quello che denomina
quante di quelle parti si debbano prendere, così 3 parti di 4, o 3 di 4, o è una espressione
abbreviata per dire che si è “rotto” l’intero in 4 parti uguali e di queste parti se ne prendono tre.
In generale l’1 viene diviso in n parti uguali e ognuna di queste parti, oggi chiamata frazione
unitaria, ha una sua specifica dignità, un suo essere, un suo nome, un suo valore, una sua carta
d’identità e un suo particolare simbolo che la denota:
.
Ovviamente
non per convenzione o per definizione ma per ragionamento perché rompere l’unità in una sola
parte significa non romperla. E anche
1
n
<
1
m
!!!se!!!n > m
non perché è scritto su un libro di testo, ma per ragionamento perché se si divide 1 in più parti
uguali aumentando il numero di parti si ottengono parti più piccole.
Inoltre se sommiamo n volte una di queste parti ricostruiamo l’intera unità
1
n
+
1
n
+... +
1
n
=1
(n volte)
Poiché la moltiplicazione di un intero n per un numero a si intende la somma ripetuta n volte del
numero a, la formula precedente viene scritta come moltiplicazione
n ×
1
n
=1
Se invece di n parti ne prendiamo m (m < n) abbiamo un numero che Fibonacci chiama, con una
espressione molto significativa, rotto (ruptus), numero che oggi chiamiamo, con un termine tecnico,
frazione propria. In generale una frazione
m
n
sarà, per Fibonacci, il numero che si ottiene dividendo
l’unità in n parti uguali e sommando m di quelle parti:
3
4
1
n
1
1
=1
m
n
=
1
n
+
1
n
+... +
1
n
= m ×
1
n
(m volte)
Se m > n eseguendo la divisione con resto di m per n otteniamo:
m= q×n + r ( 0 < r < n )
poiché, sommando n ennesimi si ottiene una unità, sommando q volte n ennesimi si ottengono q
unità e dunque
m
n
= q +
r
n
dove la frazione rimasta, essendo minore di 1, e rappresenta un numero rotto.
Tale scrittura da luogo a ciò che viene chiamato numero misto perché è formato da un intero e da un
rotto e viene normalmente indicato con q sottointendendo il “più” e, per evitare confusione con il
“per”, pure generalmente sottointeso, il rotto viene scritto più piccolo. Questa è la stessa notazione
che troviamo in Fibonacci, scritta alla araba, da destra a sinistra: q.
1
5
8
esprime meglio di
13
8
la distanza espressa dalla frazione
Pensiamo che la scrittura di una frazione nella forma mista attribuisca alla frazione una maggiore
concretezza esplicitando la sua parte intera, che è quella che esprime il valore della frazione a meno
di un numero minore di 1, a meno di un rotto, semplificando notevolmente il posizionamento delle
frazioni sulla retta numerica. Non è un caso che nei paesi anglosassoni, più pragmatici i noi, la
scrittura mista introdotta da Fibonacci continui a essere usata ed insegnata nelle scuole. I numeri
misti formano un nuovo insieme numerico: l’insieme dei numeri razionali positivi oggi denotato
generalmente col simbolo Q
+
. In questo insieme, che contiene come casi particolari tutti i numeri
interi (quando r=0), è possibile, come vedremo, trovare degli algoritmi per calcolare la somma e il
prodotto di due qualsiasi numeri misti che, nel caso particolare i numeri siano interi, riproduce gli
stessi risultati che si otterrebbero con i vecchi procedimenti. Tali algoritmi si ottengono
mantengono invariate le proprietà aritmetiche di base, cioè la proprietà associativa, commutativa
della somma e del prodotto e la proprietà distributiva, proprietà che permettono di ridurre
l’aritmetica dei numeri misti a quella dei numeri rotti.
r
n
r
n
Per dare concretezza ai numeri rotti abbiamo pensato di rappresentare il numero 1 con un’asta unità
e di dividere questo “uno” in 2,3,4 ... parti uguali ottenendo le aste
1
2
,!
1
3
,!
1
4
,!!...
ognuna delle quali
con un preciso denominatore che le attribuisce la propria identità e grandezza. La professoressa
Silvia Cerasaro ha realizzato questo materiale didattico che utilizza nella sua sperimentazione in
classe e che ringrazio per avermi consentito di presentarlo in questo articolo.
Una frazione sarà dunque una fila di aste dello stesso denominatore e la grandezza che tale frazione
esprime è la lunghezza della fila. In questo senso la frazione m/n è maggiore della frazione p/q se la
fila formata da m aste di denominatore n è più lunga della fila formata da p di aste di denominatore
q.
3/5 è maggiore di 1/2 perché la rispettiva fila è più lunga
Ecco che nasce spontaneo un problema: come sapere se un rotto è maggiore di un altro senza
formare le rispettive file per vedere quella più lunga? O ancora se 3/5 è maggiore di 1/2 come
calcolare la loro differenza? Ciò che ci aiuta in questo e in molti altri problemi, è che, con i rotti,
accade un fatto straordinario: vi sono infiniti modi di realizzare la stessa frazione! Vi sono infiniti
modi di realizzare una fila di aste senza modificarne la lunghezza, senza cioè modificarle il valore.
1/2 = 5/10 ma anche 1/5 = 2/10
Infatti se dividiamo l’ennesima parte di 1, cioè 1/n, in ulteriori q parti uguali, otteniamo in tutto n×q
parti dell’uno e q di queste parti faranno 1/n. Questo pensiero si può esprimere con il linguaggio
compatto ma efficacissimo della matematica nel modo seguente:
q
n × q
=
1
n
Possiamo allora trasformare in decimi sia i mezzi che i quinti: 1/2 = 5/10 e 3/5= 6/10 e 6 decimi
sono di più di 5 decimi.
In più la differenza fra questi rotti è 1/10. L’immagine e la manipolazione con le mani delle aste
frazionarie non da solo concretezza a questa nuova tipologia di numeri ma ne fissa nella memoria
gli aspetti essenziali: composizione, decomposizione, assembramento e confronto.
In generale dati due rotti con denominatori diversi è sempre possibile, e in più modi, esprimere le
due frazioni con un unico denominatore. I terzi e i quarti, ad esempio, possono essere ridotti a
dodicesimi perché 1/3 = 4/12 e 1/4 = 3/12, ed è facile intuire la regola generale: i due rotti 1/n e 1/q
si possono sempre ridurre allo stesso denominatore n×q
1
n
=
q
n × q
!!!e!!!
1
q
=
n
n × q
Non è questo l’unico modo per ridurre due rotti allo stesso denominatore, basta infatti trovare un
multiplo sia di n che di q e ridurre le due frazioni a questo denominatore, infatti se s è un multiplo
di n (cioè se s = n×n’) ed è anche un multiplo di q (cioè s=q×q’) allora
1
n
=
n'
n × n'
!!=
n'
s
!!!!e!!!
1
q
=
q'
q × q'
=
q'
s
Ovviamente se prendiamo il più piccolo multiplo comune cioè il m.c.m. di n e q facciamo meno
fatica perché le moltiplicazioni che dobbiamo eseguire coinvolgono numeri più piccoli. Ma la scelta
è libera! Come abbiamo fatto la differenza tra due rotti così possiamo fare la somma e gli studenti
intuiscono facilmente il modo. Non una formula che risolve il problema tutto in una volta ma un
procedimento fatto di due passi: prima riduciamo le due frazioni allo stesso denominatore, nel modo
che più ci piace e poi sommiamo i numeratori. I due passi debbono essere, per lo meno all’inizio,
esplicitati. Tornando all’esempio precedente
1
2
+
3
5
=
5
10
+
6
10
=
11
10
=1
1
10
Fibonacci consiglia di studiare una tavola con la somma di tutte le possibili coppie di rotti che è
possibile fare con numeri formati da una sola “figura” cioè minori di 10. Potrebbe essere una buona
pratica dividere questo compito tra più studenti con l’obiettivo di realizzare un grande manifesto da
appendere in aula nel quale tutte le possibili somme sono riportate. Tutte le possibili somme sono
moltissime ma ogni studente potrebbe farne una cinquantina a casa per poi riunire tutto in una
grande tabella. L’esercizio ripetitivo è indispensabile per impadronirsi con sicurezza di un metodo
di calcolo e la somma di frazioni è l’operazione dove generalmente si sbaglia più di frequente. Il
progetto di realizzare questo tabellone potrebbe essere per gli studenti uno stimolo per impegnarsi
in un lungo lavoro noioso e ripetitivo.
La somma e la differenza tra numeri misti viene ora da sé: basterà sommare i rotti e le parti intere e
poi mettere tutto insieme
3
3
4
+11
3
5
= 14 +
3
4
+
3
5
= 14 +
15
20
+
12
20
=14 +
27
20
= 14 + 1
7
20
= 15
7
20
Un esercizio di questo tipo, che richiede diversi passaggi da eseguire ordinatamente, e che alla fine
produce il risultato di una somma, ci sembra più formativo di lunghe e inespressive espressioni.
Una ulteriore osservazione didatticamente utile è che non esiste un solo modo per eseguire la
somma: si potrebbe infatti ridurre i due numeri a frazioni e poi sommare queste:
3
3
4
+11
3
5
=
15
4
+
58
5
=
75
20
+
232
20
=
307
20
= 15
7
20
La somma tra frazioni, più di una regola da usare meccanicamente, diventa un procedimento
all’interno del quale vi sono libere scelte da fare. Man mano che questo procedimento si sia
impresso nella memoria con l’esercizio e la manipolazione iniziale di materiale concreto, esso potrà
diventare pensiero morto sul quale sarà possibile costruire un nuovo pensiero più complesso, come
avviene quando, dopo aver imparato ad usare la bicicletta, il nostro pensiero non più bisognoso di
concentrarsi su come non cadere o voltare o frenare ma, pedalando senza accorgersene, potrà
rivolgersi ad ogni altro interesse.
I nuovi significati di moltiplicare e dividere
Maravigliati del atto di multiplicar di rotti, perche in quello sempre si
vede riuscire al contrario di quello che dinota tal vocabulo, qual non
dinota altro che crescere, overo augumentare, & nel detto
multiplicare de rotti sempre seguita (come è detto) tutto al contrario,
cioe che il produtto è sempre menore di qual si voglia di duoi
precedenti...
Tartaglia, General trattato (Parte Prima, Libro VII, c. 119)
La moltiplicazione di due rotti perde il significato di somma ripetuta: che significato ha sommare
mezza volta un numero? O sommare una volta e due terzi una quantità data? Un modo non formale
per capire come si debba introdurre il prodotto tra numeri rotti può essere quello di servirsi della
geometria. Introducendo una unità di misura U per i segmenti, possiamo associare a
biunivocamente a un segmento un numero (la sua misura) e a un numero un segmento. In questo
modo la somma tra numeri diventa la congiunzione in linea retta dei corrispondenti segmenti e la
moltiplicazione l’area del rettangolo che ha come lati i segmenti corrispondenti ai due numeri. Tale
area è calcolata usando come unità di misura per le aree il quadrato di lato U. Possiamo usare la
stessa idea per trovare il prodotto di due numeri rotti: costruiamo un rettangolo R i cui lati siano due
segmenti le cui misure rispetto ad U siamo i due rotti da moltiplicare, calcoliamo poi il rapporto tra
tale area e quella del quadrato di lato U, tale rapporto essendo la misura dell’area del rettangolo R,
dovrà corrispondere al prodotto dei due numeri. Per fare questa costruzione ci avvaliamo di un
nuovo semplice strumento materiale realizzato dalla professoressa Silvia Cerasaro da utilizzare
insieme alle aste che abbiamo utilizzato per introdurre le frazioni. Si tratta di un quadrato di lato
uguale all’asta di lunghezza 1 disegnato su una tavola di legno e di due incavi sui due lati del
quadrato che possano contenere le aste frazionarie in modo che, una volta posizionate, si trovino
allo stesso livello della tavola.
Posizionando un foglio bianco sulla tavola di legno possiamo disegnare con una squadra dei
segmenti capaci di suddividere il quadrato unitario in parti uguali utili per calcolare l’area che
cerchiamo
In questo esempio il quadrato è diviso in 12 rettangoli uguali e l’area, in grigio, che vogliamo
calcolare è formata da 3 di tali rettangoli: in definitiva
1
3
×
3
4
=
3
12
=
1
4
La semplificazione finale non ci stupisce per il fatto che il quadrato è formato anche con 4 terne di
rettangoli uguali: tre orizzontali e una verticale sulla destra e dunque l’area è 1/4 di tutto il quadrato.
Stupisce invece che il risultato del prodotto è più piccolo dei due fattori che si moltiplicano:
1
4
<
1
3
e anche
1
4
<
3
4
Facendo varie esperienze con questo strumento gli studenti possono scoprire, gradualmente, le
seguenti proprietà sul prodotto tra rotti che noi possiamo scrivere formalmente come
1
n
×
1
q
=
1
n × q
,
m
n
!
1
q
= m !
1
n
"
#
$
%
&
'
!
1
q
= m !
1
n
!
1
q
"
#
$
%
&
'
= m !
1
n ! q
=
m
n ! q
m
n
!
p
q
= m !
1
n
"
#
$
%
&
'
! p !
1
q
"
#
$
%
&
'
= m ! p
( )
!
1
n
!
1
q
"
#
$
%
&
'
= (m ! p) !
1
n ! q
=
m ! p
n ! q
La regola finale, se scoperta, dagli studenti stessi più facilmente si imprimerà stabilmente nella loro
memoria.
Come per la somma, il prodotto di due numeri misti si può fare in due modi: distribuendo i fattori o
trasformando i numeri misti in frazioni e utilizzando poi la regola generale.
Il primo modo, che è certamente più lungo, permette però di anticipare delle procedure tipiche
dell’algebra come il prodotto di binomi o il quadrato di un binomio, abituando gli allievi all’uso
della proprietà distributiva che permette di dividere un problema complicato in tanti piccoli
problemi più semplici:
3
3
4
! 11
3
5
=
3 +
3
4
"
#
$
%
&
'
! 11+
3
5
"
#
$
%
&
'
= 3 !11+ 3!
3
5
+
3
4
!11+
3
4
!
3
5
= 33 +
9
5
+
33
4
+
9
20
=
=
!33 +1+
4
5
+ 8 +
1
4
+
9
20
= 42 +
16
20
+
5
20
+
9
20
= 42 +
30
20
= 43
1
2
Anche in questo caso un modello geometrico aiuta a passare dal registro del calcolo a quello
dell’immagine sicuramente molto formativo
La figura evidenzia i 4 rettangoli nei quali è decomposto il rettangolo iniziale del quale si deve
calcolare l’area: le aree dei 4 rettangoli si calcolano immediatamente con calcoli semplici così il
problema iniziale è diviso in 4 moltiplicazioni più semplici che vanno poi sommate.
Il secondo modo per eseguire il prodotto tra due numeri misti, come abbiamo detto, consiste ne
trasformare i numeri in frazioni e usando poi la regola generale: Vi saranno meno calcoli da fare ma
con numeri più grandi:
3
3
4
! 11
3
5
=
15
4
!
58
5
=
15 ! 58
20
=
870
20
= 42
1
2
Ovviamente vi sono scorciatoie, calcoli che si possono evitare, evitazioni dirà Fibonacci, che gli
studenti si possono divertire a trovare, magari in forma di gara premiando chi le trova prima.
Ora che sappiamo come moltiplicare due frazioni, ci chiediamo che significato concreto,
indipendente dall’interpretazione geometrica, abbia il moltiplicare due tali numeri? Intanto il
prodotto di un intero m per un numero rotto o misto a si interpreta ancora come la somma ripetuta m
volte
m × a = a + a + ... + a
(m volte)
Mentre si interpreta come la ennesima parte di a. Questo osservazione deriva dal fatto che,
quando
a =
p
q
allora è, come abbiamo visto, la ennesima parte di
p
q
e, più in generale,
m
n
× a = m ×
1
n
× a = m ×
1
n
× a
si interpreta come m volte la ennesima parte di a. Il risultato
mischia in maniera imprevista il moltiplicare e il dividere:
moltiplicare un numero per
1
n
significa dividere quel numero per n!
Vediamo ora più da vicino l’operazione di divisione: se abbiamo due interi m ed n possiamo
eseguire la divisione con resto di m per n e scoprire quante volte n entra dento m e cosa resta, il
massimo numero di volte è il quoziente q della divisione e usando i numeri rotti possiamo scrivere
il risultato della divisione m/n come
m
n
= q
r
n
questo è il valore ESATTO di ciò che si ottiene dividendo m in n parti uguali nel senso che
n × (q
r
n
) = m
ciò significa che se ripetiamo n volte la stessa quantità q
r
n
otteniamo esattamente il numero che
volevamo dividere, esattamente cioè senza resti. Questo stesso significato è quello che serve a
Fibonacci per dividere due numeri qualsiasi anche se non sono interi. Dividere un numero a per un
numero b non nullo significa trovare un numero x tale che:
b × x = a
il risultato x della divisione si indica ancora, per uniformità col caso in cui i numeri sono interi, col
segno di frazione
x =
a
b
Fibonacci recupera consapevolmente il significato formale dell’operazione di divisione come
l’operazione inversa alla moltiplicazione:
Ed è da notare in verità che quando un numero è diviso per un altro numero, allora dalla moltiplicazione del divisore per
il risultato ne viene il numero diviso. Per esempio se si divide 40 per 4, risulta 10. Per cui se moltiplichiamo 4 per 10, si
ha quaranta, vale a dire il numero diviso.
(V.9)
'
ma ora questa divisione è possibile anche nel nuovo insieme numerico e Fibonacci sente l’esigenza
di introdurre dei nomi per gli oggetti in questione
'
E'sia'da'notare'che'il'numero'che'è'diviso'si'chiama'diviso'o'dividendo+(divisus+vel+dividendus),+e'il'numero'che'
divide' si' chiama' dividente' o' divisore+ (dividens+ + vel+ divisor)+ e' il' numero' che' risulta' dalla' divisione' si' chiama'
procedente'o'uscente+(procedens+vel+exiens).
'(V.10)
Ma come si calcola questo numero uscente se a e b non sono interi?
L’operazione è trattata da Fibonacci nel capitolo VII del Liber abaci con grande attenzione didattica
partendo da esempi semplici che diventano via via più complessi. E’ interessante notare che
1
n
× a
1
n
×
p
q
Fibonacci non propone di seguire la via più semplice che consiste nell’applicare meccanicamente
una formula generale ma si propone di motivare il procedimento facendo riferimento alla natura dei
numeri che si vogliono dividere e al significato della divisione. Ogni numero, intero rotto o misto, si
può pensare come una somma di tante minuzie tra loro simiglianti, come dirà Tartaglia, cioè di
tante frazioni unitarie con lo stesso denominatore, come abbiamo fatto per sommare o sottrarre due
numeri. Il risultato della divisione si ottiene, come è intuitivo capire, dividendo tra loro questi
numeratori.
Supponiamo ad esempio di voler dividere 2 con 1 , dobbiamo trovare quindi un numero x tale che
(1 ) × x = 2
Rappresentiamo i due numeri con le nostre aste:
Poiché nei due numeri compare il denominatore 5, scriviamo i due numeri come somma di quinti
basterà ora dividere con e questo farà tanto quanto dividere 10 con 6. Il risultato è 1 cioè,
semplificando il rotto, 1 .
2
1+
1
5
=
!!
10
5
!!
!
6
5
!
=
10
6
=1+
4
6
=1
Per verificare se il risultato è corretto basta vedere se 1 ×1 fa 2. Eseguendo la moltiplicazione
troviamo effettivamente . Ma ora il significato della divisione è quello originario cioè
abbiamo diviso, con resto, invece che 10 interi per 6 interi, 10 quinti con 6 quinti.
Fibonacci fa questo esempio:
(VII.3.2) Se vorrai dividere 83 per
!
!
5 , fai i terzi di ciascun numero in questo modo: moltiplicherai 5 per il tre che è
sotto la linea, e somma 2, farà 17 terzi: e moltiplica 83 per 3 per farne i terzi da esso, farà 249 terzi: dividi quindi 249
per 17, farà
!!
!"
14 per la divisione richiesta.
Ma poi giustifica il suo calcolo citando la teoria delle proporzioni di Euclide
1
5
1
5
10
5
6
5
4
6
2
3
2
3
1
5
2
3
6
5
×
5
3
= 2
Da ciò quindi è manifesto che la divisione di 83 per
!
!
5 è uguale a quella di 249 per 17; e questo è per ciò che dichiara
Euclide, peritissimo geometra, nel suo libro: cioè che la proporzione che un qualunque numero ha con un qualunque
numero è la stessa che c’è tra i loro multipli; e come 17 è multiplo di
!
!
5 , tanto 249 lo è di 83: infatti 17 è il triplo di
!
!
5 , e 249 è il triplo di 83.
Ritorna la regola fondamentale delle frazioni anche nel contesto dei nuovi numeri rotti o misti, e
cioè: se si moltiplica numeratore e denominatore di una frazione per uno stesso numero, la frazione
non cambia:
c × a
c × b
=
a
b
Molto importante è capire il significato della la divisione di un numero con un una frazione unitaria.
Ad esempio: quante volte 1/3 entra in 3/4? e quanto resta? Se usiamo il nostro materiale ci
accorgiamo che 1/3 entra 2 volte con un certo resto minore di 1/3.
per valutare il resto possiamo eseguire la sottrazione passando a dodicesimi
3
4
=
2
3
+
1
3 × 4
In generale, proprio come nel caso dei numeri interi, dato un qualsiasi rotto a = m/n e una frazione
unitaria 1/q possiamo calcolare il massimo numero s di q-esimi contenuti in a e il resto t minore di
1/q. In termini più precisi, esiste un intero s, eventualmente nullo, e un resto t tale che
m
n
= s ×
1
q
+ t!!con!!0 t <
1
q
per calcolare i due numeri s ed t possiamo sempre usare l’algoritmo delle differenze successive e
cioè sottrarre 1/q da a fino a quando il resto è maggiore di 1/q , e contare il numero s di volte per il
quale questo è possibile, come abbiamo fatto con le nostre aste, ma possiamo anche eseguire
direttamente la divisione
m
n
!!!
1
q
!!!
=
m × q
n
= s +
r
n
con 0 < r < n e 0 < s < q
e quindi
m
n
=
1
q
× s +
r
n
=
s
q
+
r
q × n
questa relazione ci dice che il la frazione m/n è formata da s q-esimi e un resto t minore di 1/q.
Vediamo ad esempio quanti decimi sono contenuti in 2/7. Per fare questo senza usare le aste
dividiamo 2/7 per 1/10 il che ci porta a dividere 20 per 7: otteniamo 2 con un resto di 6/7 dunque
2
7
=
1
10
! 2 +
6
7
"
#
$
%
&
'
=
2
10
+
6
10 ! 7
.
Trovare il numero di decimi contenuti nella frazione 2/7 significa trovare la sua prima cifra
decimale, e iterando il procedimento, cioè trovando il numero di decimi contenuti nella frazione
6/7, troviamo la seconda cifra decimale della frazione 2/7, cioè il numero di centesimi nel suo
sviluppo decimale:
6
7
=
1
10
! 8 +
4
7
"
#
$
%
&
'
=
8
10
+
4
10 ! 7
e quindi
2
7
=
2
10
+
8
100
+
4
100 ! 7
cioè
2
7
= 0, 28...
.
Fibonacci ha una notazione efficacissima per indicare questo tipo di decomposizioni frazionarie che
lui chiama frazione multipla graduata e sviluppa una aritmetica completa per eseguire i calcoli con
tali frazioni generalizzate che potrebbe essere oggetto di un approfondimento nell’ultimo anno delle
suole di primo grado o nel primo anno di quelle di secondo grado.
In definitiva le operazioni di somma, differenza e divisione tra i nuovi numeri introdotti da
Fibonacci, si riducono alle analoghe operazioni tra numeri interi (i numeratori) riducendo i due
numeri sui quali si opera a delle frazioni con lo stesso denominatore e trasferendo le rispettive
operazioni ai numeratori. Facciamo tre esempi attingendo dal manoscritto del Liber abaci più sopra
citato
summa iunctionis residuum extractionis descriptio divisionis maiorem per minorem
Nel primo riquadro si esegue la somma 126 " + 12 # = (1521+148)/12 = 1669/12 = 139 1/12,
nel secondo riquadro la sottrazione degli stessi numeri 126 " - 12 # = (1521-148)/12 =
1373/12 = 114 5/12 mentre nella terza tabella si annuncia la divisione del numero maggiore per il
minore che non viene eseguita e che eseguiamo noi per completezza:
Viva le frazioni
A ciò che nisuno sia ingannato
Per capire la rivoluzione che il calcolo con le frazioni ha prodotto nel mondo latino, nella sua
economia e organizzazione civile, con l’uscita del Liber abaci proviamo a metterci nei panni di un
126 +
3
4
12 +
1
3
=
1521
12
148
12
=
1521
148
=10
41
148
mercante pisano del ‘200. A quell’epoca i commerci erano per la maggior parte basati sul baratto: si
scambiava una merce di un certo tipo con un’altra il cui valore in denari era noto ai due mercanti e
generalmente condiviso. Il capitolo IX del Liber abaci contiene una intera sezione dedicata alla
pratica del baratto. Leggiamo un problema nel quale due mercanti vogliono barattare del cotone
misurato in rotuli (un rotulo è una unità di peso uguale a circa mezzo chilo) con del panno misurato
a braccia (1 braccio è poco più di mezzo metro). Queste misure erano molto precise e garantite da
concrete unità di misura (recipienti per i liquidi, aste o canne per le lunghezze, bilance per i pesi
ecc) custoditi da notai e dai consoli della mercatura. L’inconveniente, non da poco, era che ogni
amministrazione aveva le sue unità di misura e le sue monete. Ma, nel nostro problema i due
mercanti sono entrambi pisani e quindi con le stesse monete e le stesse unità di misura.
Il mercante di tessuti vuole barattare 50 braccia di panno con del cotone e la quantificazione
matematica si rende necessaria per evitare inganni o furberie e garantire giustizia, come dice Piero
della Francesca nel suo trattato d’abaco
6
, a ciò che niuno sia ingannato. Per raggiungere questo
obiettivo occorre sapere il prezzo sul mercato del cotone e del panno.
(IX.1.2) 20 braccia di panno valgano 3 lire di pisanini; e 42 rotuli di cotone valgano 5 lire similmente di pisanini
Fibonacci indica un modo grafico, visivo, per sintetizzare i dati del problema che sarà lo stesso in
tutti i problemi di baratto analoghi:
Poni le 20 braccia sulla tavola e alla loro sinistra scrivi le 3 lire, cioè il loro prezzo, sotto poni le 5 lire; a sinistra di
queste poni i 42 rotuli
Poiché il valore di una merce è proporzionale alla sua quantità, un braccio di panno vale lire
3
20
e
quindi 50 braccia di panno valgono lire
3× 50
20
= 7
1
2
.
6
Piero della Francesca,
Inoltre, con una lira si comprano rotuli
2
5
. Il baratto è onesto se le merci che vengono
barattate hanno lo stesso valore cioè se in cambio di 50 braccia di panno (che valgono 7 lire e
mezzo) si ricevono 8
2
5
!"7
1
2
=
42
5
!
3! 50
20
= 63
rotuli di cotone.
Fibonacci indica ora non solo un metodo grafico per scrivere i dati del problema, ma anche un
modo semplice per memorizzare il tipo di calcolo da fare per risolvere il problema:
Se si vogliono scambiare 50 braccia di panno si scrive 50 sotto il 20 nella colonna del panno e si
tracciano le righe diagonali. La giusta quantità di cotone, che corrisponde a 50 braccia di panno, si
ottiene moltiplicando i numeri uniti dalle diagonali cioè 50!3!42 = 6300 e dividendo il risultato per
gli altri numeri cioè 20!5 = 100. Il risultato è 63 rotuli.
Ecco come nel citato manoscritto è riportata la tavola:
La tavola non solo rappresenta un modo visivo per registrare i dati del problema ma fornisce anche,
attraverso le due diagonali, la regola, il metodo da seguire per risolvere il problema in ogni caso
analogo, regola che era stata dimostrata nel primo esempio preso inconsiderazione. L’uso di queste
tavole, da riempire nel modo detto con i numeri che intervengono nello specifico problema, e la
pratica del calcolo con i rotti, consentiva al mercante di muoversi con rapidità contribuendo a
sviluppare un nuovo modello economico basato su regole condivise che trovano nella matematica
un semplice criterio di equità e giustizia al di sopra delle opinioni.
Insieme al commercio su grande scala e proprio per renderlo possibile nascono anche le prime
società di consoci, le prime banche, le società di assicurazioni impensabili senza una matematica in
grado di registrare per iscritto e governare un immenso movimento di merci e di numeri sani o rotti
in tutto il mediterraneo. Un intero capitolo del Liber abaci, il capitolo X, riguarda come si debbano
distribuire gli utili ottenuti da una cooperativa di soci. Prendiamo un problema di questo tipo
anticipato nel terzo paragrafo del capitolo VIII.
(VIII.3.19) Poniamo il caso di qualcuno, che abbia avuto un capitale di 152 lire, con il quale ci fu un profitto di 56 lire;
e si chiede quanto di questo profitto, per lira, si debba rendere a ciascuno dei suoi soci. Innanzitutto, secondo la
consuetudine pisana, dal suddetto profitto dobbiamo sottrarne la quarta parte, essendo questa la parte di chi se ne
occupava, restano 42 lire.
42
5
= 8
Fibonacci suppone che il profitto sia proporzionale all’investimento e quindi, se con 152 lire di
investimento si è ottenuto un profitto di 42 lire, il profitto prodotto da una lira diventa lire
42
152
=
21
76
e quindi il socio che ha partecipato alla cooperativa con a lire deve ricevere un guadagno
di lire
a ×
21
76
. Il problema è molto semplice ma si tratta di saper fare con molta cura i conti a ciò
che nisuno sia ingannato. Si tratta di dividere la lira in 76 parti e prenderne 21. In realtà nel ‘200 un
ventesimo di una lira era un soldo e un dodicesimo di un soldo era un denaro. Moneta di minor
valore non era prevista. Dobbiamo allora calcolare quanti soldi e quanti denari si ricevono in
cambio di una lira di investimento. Poiché a lire corrispondono a 20×a soldi. Il profitto sarà soldi
420
76
= 5
10
19
. Si tratta ora di vedere quanti denari corrispondano a soldi
10
19
. Poiché un soldo è 12
denari, abbiamo denari
120
19
= 6
6
19
. Dunque il profitto per una lira di investimenti è 5 soldi 6 denari
e circa un terzo di denaro quantità non monetizzabile e quindi non rimborsata all’investitore. E’
chiaro che la perdita per il singolo è insignificante, ma per la banca che gestisce l’investimento, il
cumulo delle perdite trascurabili di molti investitori fornisce un capitale non più trascurabile che si
aggiunge a quel quarto che comunque spetta a chi se ne occupava. In questo modo si realizzava, per
la prima volta una sorta si miracolo: si potevano produrrei soldi senza lavoro! La sola conoscenza
del calcolo e delle sue regole consentiva al “banchiere” di accumulare utili senza produrre valore.
Il metodo che abbiamo utilizzato per calcolare il profitto corrispondente a una lira è quello che
Fibonacci chiama “volgare”. In realtà per questo e per tutti i calcoli analoghi lui usa le sue frazioni
multiple graduate matematicamente molto più raffinate. Nello specifico, essendo un soldo un
ventesimo di una lira, bisogna sapere quanti ventesimi contiene la frazione di lira 21/76 e poi
quanti dodicesimi sono contenuti nel resto cioè nella frazione di soldo 10/19. Tutto questo lo porta
al risultato
21
76
=
5
20
+
6
20 ×12
+
6
20 ×12 ×19
numero che Fibonacci scrive, compattando
l’informazione, come frazione multipla graduata:
5!!!!6!!!!6
20!!12!!19
.
La teoria matematica che riguarda le frazioni multiple graduate, che comprende come caso
particolare le frazioni ordinarie se il grado è uno, è una teoria completa, rigorosa e molto bella che
fornisce un quadro teorico generale, oggi dimenticato, nel quale ogni tipo di commercio, di
scambio, di operazione bancaria, in un mondo di infinite unità di misura tra loro diverse, trova una
semplice formulazione e un conseguente algoritmo risolutivo al di sopra delle opinioni e alla portata
di tutti.
Biliografia
N.Tartaglia, Tutte le opere d’aritmetica del famosissimo Nicolò Tartaglia, Venezia, 1592-93
E. Castelnuovo, L’insegnamento delle frazioni, da La scuola secondaria e i suoi problemi, 1952
F. Enriques, L’insegnamento dinamico, Periodico di Matematiche, s. IV, vol. 1, pp 6-16, 1921
Leonardo Pisano, Liber abaci, a cura di B. Boncompagni, Roma, 1857
L. Catastini, Tra parole, matematica e musica, da Quale scuola? Carocci, 2015
Euclide, Elementi, a cura di A. Frajese, L. Maccioni, UTET, Torino, 1996
Piero della Francesca, Trattato d’abbaco, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2012